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Il LAC accessibile. Intervista a Michel Gagnon

da | Ott 6, 2022 | LEGGI, Progetti

Come tutte le organizzazioni, anche le istituzioni culturali rispondono ai cambiamenti e alle evoluzioni sociali, trasformandosi nel tempo per soddisfare i bisogni delle persone. Nei cultural studies si discute ampiamente di come musei, teatri, biblioteche e altri spazi culturali cambino e debbano cambiare in relazione al ruolo che ricoprono all’interno delle loro città. Questo perché più di altre organizzazioni, le istituzioni culturali sono in grado di anticiparli questi bisogni, affermandosi nella vita delle persone come luoghi di conoscenza, di socialità e – non meno importante – di espressione individuale. In una parola: quando frequentiamo i luoghi culturali abbiamo la possibilità di imparare a conoscere noi stessi divertendoci, insieme agli altri, e questo direziona la crescita collettiva.
Osservando il LAC in questa prospettiva, il direttore Michel Gagnon ha immaginato fin dal suo insediamento un polo culturale accessibile: “Il LAC per tutti” è stato il primo slogan ed è ancora oggi lo spirito-guida della sua programmazione. Prendiamo la hall, per esempio, che per sua natura è solo un luogo di passaggio e di collegamento tra le porte di accesso e gli ambienti culturali interni. Proprio la hall è lo spazio del LAC che subisce più frequentemente delle vere e proprie metamorfosi, trasformandosi al bisogno in una sala stampa, in una sala museale, in una sala da concerto. Tutto l’anno, ogni due domeniche, nella hall si realizza Hall in Musica un concerto gratuito aperto a tutti, con un programma sempre coinvolgente presentato con una breve guida all’ascolto, eseguito dagli studenti del Conservatorio della Svizzera italiana. Il pubblico è eterogeneo: adulti, ragazzi, bambini, residenti, turisti, amanti della musica o persone semplicemente curiose… La Hall in Musica offre a tutti l’occasione di avvicinarsi alla musica da camera con semplicità e immediatezza, abbattendo le barriere fisiche e psicologiche dei luoghi tradizionali della cultura. 

Direttore Gagnon, com’è nata l’idea di realizzare dei concerti gratuiti nella hall del LAC, e perché avete pensato di coinvolgere i giovani musicisti del Conservatorio? 
Ho portato avanti questa idea appena sono arrivato al LAC, avendo ben chiaro in mente che il polo culturale dovesse puntare fin dai suoi esordi sull’accessibilità. Lavorare con gli artisti del territorio, e in questo caso i giovani musicisti del Conservatorio, è stata una scelta naturale e altrettanto importante.

Qual è stata la risposta della città, e del pubblico, a ‘Hall in Musica’?
L’idea di Hall in Musica ha suscitato un forte scetticismo nei miei collaboratori: la domenica mattina le persone non erano solite avere proposte culturali a Lugano. Al primo concerto, invece, abbiamo accolto ben 400 persone! Questo prova che fin da subito il pubblico abbia percepito Hall in Musica come una proposta piacevole e inclusiva. Se osserviamo la hall, la sua trasparenza, la vetrata che arriva fino a sfiorare l’acqua del lago in un gioco di trasparenze, comprendiamo che l’architettura stessa della hall è un simbolo di accessibilità. Grazie a progetti come questo il LAC può andare incontro al pubblico, senza aspettare che sia il pubblico a decidere di acquistare un biglietto.

Hall in Musica presso il LAC di Lugano

Hall in Musica (2016) ©LAC

Nelle sue diverse edizioni – quest’anno è la sesta – si sono susseguiti per ‘Hall in Musica’ alcuni allestimenti inusuali per un concerto di musica classica: sedute sul pavimento con cuscini colorati, il pubblico affacciato sulla grande scalinata… Crede che questo “appropriarsi dello spazio” aiuti le persone ad avvicinarsi alla cultura?
Al centro di Hall in Musica come progetto di accessibilità c’è la volontà di creare un’atmosfera informale, quindi spesso le sedute sono “accomodanti”. Realizziamo concerti a cui possono partecipare giovani, adulti, anziani, famiglie anche con bambini piccolissimi perché è possibile uscire e rientrare nella hall al bisogno. Secondo la stessa logica, la durata di ogni concerto è limitata a un massimo di 50 minuti. Progetti come questo aiutano certamente le persone a entrare al LAC, anche per la prima volta, e ci riconfermano come il polo culturale di riferimento per la città. In principio, il primo slogan del LAC era “Il LAC per tutti”: per noi è ancora così.

La capacità di essere inclusivi oggi è tutto: ne va della pertinenza delle istituzioni

‘Hall in Musica’ è un progetto gestito dal dipartimento educativo del LAC: LACedu. Qual è, secondo lei, il ruolo degli spazi culturali per far crescere le persone e migliorare il loro benessere e qualità di vita? Lei viene da un paese, il Canada, che per primo ha inserito nei prontuari medici le visite al museo per curare alcune patologie. Ci sono altri esempi che l’hanno ispirata?
LACedu è il progetto di mediazione culturale del LAC per sviluppare e fidelizzare i pubblici lavorando sui contenuti culturali. Nei concerti di Hall in Musica poniamo molta attenzione alle guide introduttive all’ascolto, perché danno alle persone le chiavi di accesso ai brani in programma. Certamente le persone che hanno una vita culturale attiva ne ricavano un grande benessere e questo si traduce per il LAC nella necessità di considerarsi non solo come un progetto culturale ma anche come un progetto sociale. Questa doppia natura guida tutto il nostro lavoro. Ognuno di noi ne ha avuto esperienza durante la pandemia. Oltre all’esperienza culturale, andare a teatro ci dà l’opportunità di incontrare gli amici, di conoscere persone nuove e questo è fondamentale per la nostra qualità di vita. Senza considerare che tutto questo si inserisce anche in un discorso più ampio di indotto economico-finanziario. In tutto il mondo sono moltissimi gli esempi di centri culturali che fanno questo tipo di attività inclusive. Il Lincoln Center di New York, per esempio, propone i “Sunday Morning Coffee Concerts”; il Place des Arts di Montreal ha il programma di concerti “Sons et Brioches”…

Parlando di questo tema si cita spesso la “Teoria del Terzo Luogo” del sociologo americano Ray Oldenburg[1]: oltre alla casa-famiglia e ufficio-lavoro, l’essere umano necessita di esprimere se stesso, la propria identità, in un luogo terzo, dove incontra l’altro e ha l’opportunità di sviluppare le sue relazioni sociali. È questo a cui si riferisce?
Sì, assolutamente. La capacità di essere inclusivi oggi è tutto: ne va della pertinenza delle istituzioni. Un teatro che propone musica sinfonica, oppure opera, solo per le élite adesso va completamente in crisi. Non è più possibile adottare questo approccio nella gestione delle istituzioni culturali. Bisogna, al contrario, riconoscere il proprio ruolo sociale e saperlo agire. Il LAC, per esempio, è membro della rete internazionale Global Cultural Districts Network (GCDN). L’ultimo congresso si è tenuto proprio a Lugano nel giugno di quest’anno, ed è stato un appuntamento interamente dedicato a esplorare l’impatto sociale dei progetti culturali. Per il LAC questo è un ambito di ricerca fondamentale. 

Che cosa possiamo aspettarci nel futuro? 
Continueremo Hall in Musica cercando di offrire un concerto ogni due domeniche, quindi un totale di circa 10-12 appuntamenti all’anno. Poi ci occuperemo anche di altri spazi ibridi, come la piazza antistante la hall, in cui abbiamo già realizzato concerti con l’OSI e installazioni artistiche come l’opera Impulse dell’artista Mitchell Akiyama [ndr. una sequenza di altalene luminose e sonore a disposizione delle persone, 2016] che sono stati molto apprezzati. Le opportunità straordinarie sono anche quelle più semplici: vogliamo continuare a uscire dal LAC per incontrare le persone e mantenere vivo il nostro motto “Il LAC per tutti”.

 

Hall in Musica (2019) ©CSI

 
[1] Ray Oldenburg, The Great Good Place, Paragon House, 1989

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