L’area Ricerca e Sviluppo della Scuola universitaria di musica cresce: dall’inizio dell’anno due nuovi professori associati – Pierrre Alexandre Trembley (teoria e composizione) e Winnie Huang (performance musicale) – affiancano il coordinatore Massimo Zicari (pedagogia musicale). Nuove sinergie, nuovi ambiti di ricerca e nuovi progetti all’orizzonte. Ce ne parla Massimo Zicari in un’intervista.
Come cambia concretamente da quest’anno l’attività dell’area Ricerca e Sviluppo del CSI?
“Da quest’anno, come i lettori hanno già avuto modo di leggere, l’attività dell’area Ricerca e Sviluppo si arricchisce di due nuove figure, il cui lavoro inaugura una nuova fase. Questa fase vede la dimensione creativa e quella performativa affiancarsi a quella pedagogica (che comprende la promozione della salute e del benessere dentro e fuori le mura del Conservatorio) e a quella dello studio delle prassi ottocentesche. Questo arricchimento avrà alcune ricadute immediate sulla formazione, a tutto beneficio degli studenti, che potranno sviluppare nuovi strumenti di riflessione, di analisi e di conoscenza. Sul fronte della ricerca questo implica un allargamento dei nostri orizzonti operativi”.
Quali gli obiettivi di questa riorganizzazione?
“Direi che l’obiettivo principale è proprio il potenziamento della ricerca e della sua capacità di contribuire allo sviluppo della Scuola Universitaria di Musica. In concreto, un obiettivo molto importante su cui stiamo lavorando è quello della definizione di un programma di dottorato che caratterizzi la nostra scuola in funzione delle sue eccellenze, e che possa essere il punto di convergenza tra formazione e ricerca, con uno sguardo al territorio e alle sinergie con le altre istituzioni presenti. Questo obiettivo si allinea con quello della SUPSI, che si sta attivando per la creazione di una scuola dottorale che comprenderà l’area artistica”.
A livello personale, quanto questo sviluppo e la nomina a professore associato in pedagogia musicale influiscono sulla sua attività?
“Per quello che mi riguarda, lavorerò in continuità con quanto già fatto in questi decenni, con uno sguardo ancora più attento alla dimensione pedagogica. A questo proposito è fondamentale ricordare che l’insegnamento della musica non si limita al lavoro con i bambini: per esempio, problemi come quelli delle prassi vocali e strumentali del passato si inseriscono perfettamente tra gli obiettivi di una formazione universitaria musicale aggiornata. Allo stesso modo, formare studenti che siano in grado di affrontare le sfide professionali che nascono dai bisogni di una società in rapido cambiamento è di fondamentale importanza. Lo sviluppo di queste competenze richiede un notevole sforzo di mediazione tra tradizione, identità e innovazione”.
Su quali ambiti di interesse si concentreranno maggiormente i suoi studi?
“Ho una serie di cantieri aperti che vanno dalla ricostruzione delle prassi ottocentesche alle applicazioni derivanti dall’uso dei supporti fonografici nella didattica musicale, fino ad arrivare allo studio dei benefici della musica nei contesti di fruizione non canonici. Stiamo cercando di consolidare alcuni progetti nati in questi anni dalla collaborazione con i colleghi Paolo Paolantonio e Cinzia Cruder, sia sul fronte della ricerca, sia su quello della formazione”.
Al CSI la ricerca si sviluppa a stretto contatto con la formazione. Come coltivare sinergie proficue tra la ricerca e le altre anime della scuola, in particolare nel settore della pedagogia musicale?
“Nella mia esperienza, le sinergie sono il risultato di convergenze di interessi e obiettivi tra individui dotati di buona volontà. Ne è una conferma il recente Simposio dedicato ad Antonino Pasculli e al repertorio ottocentesco per oboe. L’interesse per questo virtuoso che un collega entusiasta come Omar Zoboli ha coltivato per anni si è incrociato con il mio per i repertori che afferiscono alla cultura operistica italiana. Da lì è nata un’idea, una collaborazione, un primo evento che ha attirato musicisti e studiosi da tutta Europa e dagli Stati Uniti; ora stiamo lavorando alla pubblicazione degli atti, e forse altre opportunità nasceranno in futuro. A questo lavoro di indagine si affianca il dialogo con gli studenti, non da ultimo per sollecitare una discussione critica su questi repertori ed un approccio informato alla loro interpretazione”.
Leggi l’intervista al prof. Pierre Alexandre Tremblay