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Orchestriamoci. Un racconto dietro le quinte

da | Dic 8, 2022 | LEGGI, Progetti

Entro dalla porta laterale, quella per gli artisti, e mi perdo nei corridoi bianchi del LAC. Finalmente, dopo quasi tre tentativi azzecco il palco. Mi intrufolo dietro le quinte che sono le tre del pomeriggio. Armata di coraggio e curiosità, sento il legno scricchiolare sotto i miei passi. Il pavimento del LAC è nero, è giovane. È vivo, segnato da righe e adesivi colorati di centinaia di concerti e spettacoli.
Ecco che arrivano i primi. Tanti ragazzi e bambini – ma quanti sono? –  entrano silenziosi, qualcuno corre, qualche risata, shhhhhh! Più in là, seduto da solo, in attesa, un bambino fissa un punto impreciso nel vuoto. Respiro aria carica di elettricità, e mentre decido di registrare tutto di questa sera, mi dileguo nell’andirivieni senza sosta di una folla eterogenea di suoni e voci. Perché per raccontare questa serata, devo viverla.
Innanzi tutto poche storie: I ragazzi sono una marea. Quindi quando prima non riuscivo a camminare fino all’ascensore interno era comprensibile.

Orchestra di fiati e percussioni
Trovano posto sul palco, si siedono.
Provano da settembre, dice con soddisfazione Carlo Balmelli. “Prima in piccoli gruppi, poi, unendo le minibande, si sono ritrovati ad essere quelli che vediamo adesso. 54 strumenti a fiato e 9 percussionisti”. Glockenspiel, xilofono, grancassa, timpani…Il docente Luciano Zampar sul palco si assicura che le percussioni e i suoi piccoli musicisti siano pronti per iniziare. Fanno tenerezza quelle scarpine che battono il tempo, dopo il dolcissimo inizio di Yorkshire Ballad, diretta da Andrea Zotti.
“Voglio un si bemolle d’effetto!” grida Carlo Balmelli prima di provare Dark Adventure , che vede protagonista un piccolo percussionista, che non si vede ma si sente. I suoi legnetti tengono un tempo preciso, non cede davanti ai tre minuti di brano musicale. Trattengo il respiro e penso che vorrei la sua tenacia e che dovremmo essere tutti un po’ come lui e fare esattamente così: quando non si batte il tempo coi legnetti, bisogna ballare!
In questo viaggio che si fa più scuro, Carlo Balmelli dirige Prelude on a Gregorian Tune. E mentre i piccolini suonano qualcuno mi dice “Sembra una piccola città, ognuna con i suoi quartieri, con le le sue dinamiche” È Alan Rusconi mentre si appresta a dirigere Joyful Journey. Ha ragione. Questi piccoli musicanti sono così ricchi di qualcosa da raccontare, proprio come le città e i loro quartieri.

L’ensemble di chitarre
Io ne ho contate 28. Suonano sette pezzi.
“E mi raccomando, non abbiate paura di rovinarvi le unghie. Questa sera dobbiamo suonare decisi, forti. Potete sempre tenervi una lima in tasca” dice Sergio Lavia sorridendo, che assieme a Gabriele Cavadini segue gli ensemble di chitarre. “Seduti bene. Cominciamo!”
E vai con i pezzi musicali, diversissimi tra di loro, che ripercorrono centinia di anni di storia musicale. E solo per questa una volta, Michael Jackson sta sullo stesso palco con Antonio Vivaldi. Stupiscono, le chitarre, nessuno si aspettava tutto quel ritmo. Finiscono con la bellissima e struggente Bikina, di Ruben Fuentes, che ci porta in Messico negli anni sessanta. Al microfono, Gabriele Cavadini dice che no, non è usuale vedere un ensemble di chitarre così grande. E no, non ci sono molte scuole che hanno un ensemble così numeroso. Racconta che quando hanno presentato il loro gruppo per le prime volte sono stati presi d’esempio da altre scuole di musica svizzere che ne hanno ammirato l’iniziativa. “Suonare insieme vuol dire imparare a rispettarsi e ad ascoltarsi, cosa sempre più difficile da fare ai giorni nostri, dove i ragazzi vengono costantemente bombardati a più riprese da diversi apparati elettronici. Per questo è sempre più difficile catturare a loro attenzione. Il nostro ruolo va oltre l’insegnamento di uno strumento e consiste nell’aiutarli ad essere più consapevoli e a comunicare con gli altri. Questo li farà diventare i cittadini attivi e responsabili di cui domani avremo bisogno”

L’Orchestra Giovanile della Svizzera italiana
“A me piace giocare con la sala” spiega Yuram Ruiz durante le prove “E questa sera, questa sala, è davvero generosa.”
38 ragazzi sul palco. Ho ancora le immagini dei loro visi che giocano con il ritmo, che si osservano tra di loro, che comunicano con lo sguardo. Sono i più grandi della serata ma tra loro, il più piccolo ha 13 anni, un violoncello. Mentre suonano appaiono forti e inscalfibili. Sono decisi, veloci, si lasciano guidare dal loro direttore. Possiedono la forza di un gladiatore, ma sono così giovani!
Al microfono di Giada Marsadri, Yuram Ruiz, direttore dell’Orchestra Giovanile, dice che “Dirigere questi ragazzi è una responsabilità molto grande perché non facciamo solo musica. Dobbiamo essere loro d’esempio e indirizzarli verso qualcosa di grande e aiutarli a coltivare questa grande passione”.
Due ragazzi più che adolescenti prendono la parola, loro suonano da qualche anno. Parlano dell’amicizia, del punto di svolta che ha segnato la loro ancora prematura carriera musicale. E Yuram, questo lo sa. Gli brillano gli occhi.
E io li riconosco questi insegnanti che dirigono i gruppi questa sera, che si trasformano in capitani pronti ad incoraggiare e a tirar fuori il meglio dai loro marinai.
Quindi si tratta di questo, penso. La musica che cura, unisce, consola, ci porta in alto, ci fa vibrare. Quella “fiammella che accendiamo oggi dobbiamo custodirla e incoraggiarla. Perché se scopri la musica la porti con te per il resto dei tuoi giorni. Ed è la convinzione che ci porta a credere che ogni bambino debba poter suonare e suonare insieme. L’ensemble, l’orchestra, il gruppo o la banda fanno sì che questa fiammella resti accesa.” Questo, Luca Medici lo ripete davanti alla sala gremita di famiglie, prima del grande applauso che apre il concerto.

E dopo l’applauso finale, decido di tornare a casa a piedi per decomprimere una serata densa, dove persone diverse hanno condiviso qualcosa di bello, grande e poetico. Non è cosa di tutti i giorni. E io mi auguro che quei giovani musicisti crescano in questo modo, addolcendo le prove difficili dell’implacabile crescita con i suoni regalati dai loro strumenti musicali. Giro le spalle al bellissimo LAC, che risplende anche di notte di quel marmo verde oltreoceano, e mi incammino, con una certa nostalgia, verso casa mia.

 

LAC Lugano | Scuola di Musica

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