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Sol Gabetta: “Adoro lavorare con i giovani e sono molto diretta con i miei allievi”

da | Set 2, 2025 | IN EVIDENZA, LEGGI, Persone

Raggiungiamo Sol Gabetta in videochiamata durante una calda giornata di agosto, ma lei non rallenta mai, anche in estate la sua agenda è fitta di impegni tra concerti, festival e masterclass. “Non c’è molto tempo per le vacanze” dice ridendo, con l’invidiabile energia che la caratterizza. La celebre violoncellista argentina sarà solista al LAC il 2 ottobre, per il concerto inaugurale della stagione dell’Orchestra della Svizzera italiana, che vedrà sul palco insieme all’OSI l’Orchestra sinfonica del Conservatorio. Sarà un’occasione speciale per i giovani studenti del CSI di confrontarsi con una musicista che ha avuto una carriera strepitosa fin da giovanissima, conservando intatti un entusiasmo travolgente e una passione assoluta per la musica. Una passione che riesce a trasmettere al pubblico, ai musicisti che suonano con lei e ai suoi allievi. Ed è proprio per parlare di insegnamenti, ricevuti ed elargiti, che l’abbiamo intervistata. Perché uno degli ingredienti chiave del suo successo sono stati i docenti che l’hanno seguita, da Ivan Monighetti a David Geringas.

In particolare Ivan Monighetti, che l’ha presa sotto la sua ala quando non aveva ancora 10 anni, prima alla Escuela Superior de Música Reina Sofía di Madrid, poi all’Accademia di Musica di Basilea. Come mai è stato così importante e quali sono stati i suoi principali insegnamenti?

“Ho avuto la grande fortuna di conoscere Ivan Monighetti quando avevo 9 anni. Non lo vedevo spesso, magari solo due volte al mese, però lui letteralmente mi organizzava i 15 giorni in cui non ci vedevamo, suggerendomi libri da leggere, musei e mostre da visitare, musica da ascoltare, per conoscere non solo i brani che suonavo ma anche il compositore e il contesto artistico e culturale in cui erano stati composti. Questo metodo di insegnare credo che non esista quasi più. Lui ha avuto per me un vero e proprio ruolo di mentore. Mi ha seguita fino al diploma di solista a Basilea e mi ha preparata anche per i concorsi internazionali”.

Oltre al docente, che cosa conta per una carriera solida e un sano equilibrio tra vita e lavoro?

“A livello psicologico ed emozionale i professori possono solo vedere alcuni problemi e un po’ guidare gli allievi. Ma il lavoro principale l’hanno fatto i miei genitori. Io ho la fortuna di avere una famiglia molto solida, che mi ha sempre sostenuta. E questo è un aspetto molto importante”.

Lei ha iniziato a insegnare molto giovane, come assistente di Monighetti (aveva 24 anni) e oggi ancora tiene masterclass. Finora non ha però mai preso una cattedra di violoncello. Che rapporto ha con l’insegnamento?

“Adoro lavorare con i giovani, per la loro energia, la velocità di apprendimento, la curiosità. Ma mi sono resa conto che insegnare comporta una grande responsabilità se si vuole farlo bene. È un lavoro a cui dedicare tutta la vita, per cui ho un rispetto enorme, forse perché ho avuto la fortuna di avere un docente di altissimo livello come Monighetti”.

E quindi?

“A Basilea tengo masterclass per musicisti emergenti selezionati, che vengono per 16 lezioni all’anno al massimo. Seguo diversi studenti che hanno finito gli studi e devono preparare i concorsi internazionali, con loro è possibile concentrare la masterclass in 4-5 lezioni, così riesco a seguirne di più. Ma non sono tutti così, per esempio ho un’allieva di 17 anni che studia a Zurigo e in più viene da me”.

Che cosa cercano da lei gli studenti?

“Per loro è molto interessante confrontarsi con qualcuno che ha una carriera solistica e suona il loro repertorio di frequente con diverse orchestre e direttori. Io ho potuto contare sulla scuola incredibile di Monighetti, che dava grande importanza alla tecnica (mi faceva passare anche 6-7 mesi sullo stesso brano, per esempio per mettere a posto la mano sinistra o l’arco), ma in più era un grande solista. Questo è raro da trovare oggi, perché è difficile dividersi fra queste due vite e fare bene entrambe le cose”.

Dato che ha così poco tempo a disposizione con i suoi allievi, su che cosa si concentra e che cosa cerca di trasmettere loro?

“La cosa importante non è la quantità ma la qualità. La prima cosa che faccio con un nuovo studente è cercare di capire chi ho davanti. Dopo 3 o 4 lezioni ho visto quali sono i punti su cui lavorare, non solo tecnici, ma spesso anche psicologici. Questo è un aspetto che non viene quasi mai trattato durante le lezioni, ma è importantissimo. A volte sono molto diretta, li porto a riflettere sulle loro scelte, chiedo loro se sono sicuri della strada che vogliono intraprendere. Costruire e gestire una carriera internazionale non è una scelta semplice, bisogna essere davvero convinti”.

Come si impara a gestire la pressione, le aspettative, i meccanismi del mercato?

“Per avere una carriera sana e di successo deve esserci equilibrio tra talento, lavoro e ambizione. Se uno di questi aspetti prevale o scarseggia (soprattutto se manca il lavoro), non funzionerà. L’ambizione non deve prevalere, perché altrimenti si comincia a studiare solo in funzione di ciò che può dare visibilità immediata. Da giovani bisogna costruire una formazione più ampia e solida possibile ed evitare di fare solo ciò che si può ‘vendere’ più facilmente”.

I social sono un pericolo o un’opportunità per la carriera?

“Il massimo problema che vedo oggi è che giovani e giovanissimi pensano solo a come promuovere sui social quello che stanno facendo e fanno le cose per avere visibilità lì. Questo è un grande pericolo.  Gli studenti di musica che scelgono di diventare professionisti iniziano molto presto a pensare alla carriera. Spesso ci sono allievi che mi chiedono; “Come devo promuovermi, devo pubblicare su Instagram quello che faccio?” Secondo me finché si studia ci si deve concentrare sull’apprendimento, non bisogna iniziare già a “vendersi”. Sono ancora troppo giovani per quello”.

Chi sono i suoi studenti?

“La maggior parte ha appena concluso un diploma e viene da me per preparare i concorsi internazionali. Trovo molto interessante seguirli perché suonano un repertorio che conosco bene per esperienza personale e che vivo anch’io ogni giorno. Così posso dare consigli anche pratici per migliorare. Per esempio, se mi dicono che nel concerto di Šostakovič arrivano troppo stanchi al 4. movimento io so di che cosa stanno parlando, perché lo vivo anch’io sulla mia pelle. E così insegno loro i “trucchi” che ho imparato con l’esperienza”.

Si confronta ancora oggi con i suoi insegnanti?

“Sì certo, soprattutto con Monighetti, anche perché viviamo entrambi a Basilea. Lo coinvolgo nella preparazione di alcuni concerti e nuovi progetti, per esempio il mio ultimo album  “Sol Gabetta – Lise Cristiani 1825 – 2025”. I suoi suggerimenti sono importantissimi. Anche nell’insegnamento ci confrontiamo molto, gli ho inviato alcuni allievi e quest’anno per la prima volta terremo una masterclass insieme (una settimana ciascuno). È una formula molto interessante perché siamo complementari nell’insegnamento”.

Vuole inviare un messaggio ai ragazzi del Conservatorio che suoneranno con lei il 2 ottobre?

“Non abbiate paura di venire a parlare con me, fatemi domande! La comunicazione fra solista e orchestra e fra musicisti è qualcosa di molto importante. Spero di portare qualcosa di bello all’orchestra nei giorni in cui suoneremo insieme”.

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