In occasione della nomina di “Premio svizzero di musica 2023”, Carlo Balmelli ci racconta il suo punto di vista sull’insegnamento musicale. Responsabile della sede di Mendrisio della Scuola di Musica del CSI e docente di trombone, Balmelli esprime anche qualche sogno nel cassetto: vedere la musica integrata nel curriculum scolastico.
Carlo Balmelli, Premio svizzero di Musica 2023 e ambasciatore della musica bandistica svizzera, sei uno dei docenti di musica di riferimento in Ticino. Come definiresti il sistema dell’educazione musicale nel nostro Cantone? Che cosa ti piace e che cosa, invece, cambieresti?
Un sogno che mi piacerebbe vedere realizzato è insegnare la musica in modo perfettamente integrato al sistema scolastico. Cioè, permettere ai ragazzi di fare le proprie lezioni strumentali nel loro plesso scolastico, durante le ore di lezione. Ora, invece, musica e scuola sono del tutto scollegate e noi insegnanti di musica possiamo fare lezione solo in orario extra-scolastico. Se penso ai ragazzi che si avvicinano alla musica, questo sistema certamente non li aiuta. Nella società di oggi, del “mordi e fuggi”, del provare e del toccare, trovo che sia più difficile concentrarsi rispetto a un tempo. Insegnanti e genitori devono avere una grande costanza e motivazione per sostenere questi ragazzi.
Con la sua apertura nel 2016, sei responsabile della sede di Mendrisio della Scuola di Musica del CSI. Come descriveresti la tua sede?
Prima della pandemia il numero degli allievi era sempre in crescita; abbiamo registrato un leggero calo durante la pandemia e adesso la curva degli iscritti sta riprendendo a crescere. Siamo una scuola di riferimento per il territorio e, come le altre sedi SMUS, possiamo offrire tutti gli insegnamenti strumentali. Abbiamo lezioni collettive d’archi e collaborazioni con la Minibanda Regionale del Mendrisiotto, oltre ad aver ricevuto l’incarico di formare gli allievi della Civica Filarmonica di Mendrisio, un passo molto importante, anche dal punto di vista finanziario.
Specialmente se praticata insieme, la musica può supportare il modo dei giovani di relazionarsi con il gruppo. Quanto è importante per te la musica d’insieme?
Mi vengono subito in mente i nostri campi estivi di musica. Ad Airolo, per esempio, il campus di fiati dura cinque giorni. Cinque giorni connotati dal grande piacere dei nostri ragazzi di suonare assieme. Ogni anno abbiamo sempre ragazzi nuovi che si trovano a respirare insieme, a essere presenti insieme, ad ascoltarsi e a collaborare. Ma non è solo questo. Oltre all’aspetto musicale, questi ragazzi hanno il piacere di conoscersi e vivere questa esperienza insieme, come individui.
La musica è un eccezionale vettore di apprendimento, cioè supporta lo sviluppo di diverse abilità cognitive. Sei d’accordo?
Studiare uno strumento musicale implica una certa disciplina, uno studio regolare, e la mia impressione è che questo poi si rifletta anche nel metodo di studio dei ragazzi a scuola. La musica dà piacere, ma è anche estremamente formativa. Di norma i miei allievi non hanno difficoltà a scuola: presumo che la musica possa essere un metodo che aiuti anche nello studio di altre materie.
Per insegnare la musica, ci vuole…?
Pazienza, ovviamente conoscenza del proprio strumento, e un certo savoir-faire nell’approcciarsi agli allievi, perché non tutti gli allievi sono uguali. Noi insegnanti non dobbiamo essere granitici, ma comprendere il carattere dell’allievo e porci nei suoi confronti di conseguenza. Io ho una mia linea di insegnamento, ma per seguirla ci sono diverse strade: devo variare in base a chi mi trovo di fronte. Noi insegnanti dobbiamo avere l’elasticità di sapere dove vogliamo arrivare con questo allievo e trovare il modo più efficace di raggiungere la meta.
Un’ultima domanda. Quali sono i progetti più importanti ai quali ti stai dedicando?
Recentemente abbiamo lanciato un nuovo programma formativo per l’insegnamento dei fiati con le società bandistiche cantonali, come la Filarmonica Alta Leventina, in cui permettiamo agli studenti di iniziare a suonare lo strumento fin da subito in ensemble. Prima, infatti, lo strumento veniva preso in mano solo dopo un anno di insegnamenti teorici e di solfeggio e ciò era veramente demotivante per i ragazzi. Stiamo realizzando un cambiamento radicale e speriamo che possa portare buoni frutti.
Nato in Ticino nel 1969, Carlo Balmelli è da decenni protagonista della cultura bandistica svizzera in veste di direttore d’orchestra, trombonista e direttore di scuole di musica. Cresciuto in una famiglia di musicofili, Balmelli ha studiato trombone e poi direzione d’orchestra al Conservatorio di Berna. Già direttore della Banda Nazionale Giovanile, da molti anni dirige varie orchestre, tra cui la Musikgesellschaft Konkordia Egerkingen e la Stadtharmonie Oerlikon Seebach. Nel suo Cantone natale ha fondato l’orchestra di fiati della svizzera italiana (ofsi) e ha condotto la Civica Filarmonica di Mendrisio a eccezionali successi. Molto richiesto come direttore ospite anche all’estero, in qualità di docente promuove le nuove leve presso svariate scuole di musica. Carlo Balmelli condivide il suo enorme bagaglio di conoscenze anche come editore di testi bandistici, gettando ponti tra i mondi della musica amatoriale e professionale. Con il suo impegno, dimostra in maniera impressionante come difendere le tradizioni e, al tempo stesso, entusiasmare le generazioni più giovani. Per i suoi meriti, nel 2022 il ticinese è stato insignito del Premio Stephan Jaeggi, considerato il più alto riconoscimento nell’ambito del settore bandistico svizzero.